Paul Reed, Head dell’Association of Independent Festivals, ha invitato alla calma nel valutare la notizia riguardante la cancellazione del Glastonbury.
Sono giorni tribolati per i grandi eventi sia musicali che di altro genere, vedasi le olimpiadi in Giappone. Solo ieri Glastonbury, il festival più grande al mondo, aveva comunicato attraverso uno statement dei suoi proprietari Michael & Emily Eavis, che anche per quest’anno non sarà possibile organizzare il mega raduno inglese e che si rimanda tutto al 2022. Chiaramente questa notizia ha rafforzato il timore non infondato che anche gli altri festival non si potranno tenere, e questa ennesima chiusura avrebbe conseguenze al momento non calcolabili. In aggiunta a fomentare le ansie dei festival goers ci sono anche le voci che gli organizzatori del Primavera Sound starebbero pensando di spostare l’edizione di quest’anno al mese di settembre.
Sembra evidente che la situazione si sia complicata parecchio nelle ultime settimane, i contagi non sembrano diminuire e la campagna vaccinale non ha messo la quinta, però sul sito della BBC leggiamo un articolo che riporta pareri contrastanti sulla prossima stagione live all’aperto. Infatti Paul Reed, Head dell’Association of Independent Festivals, ha invitato alla calma nel valutare la notizia riguardante la cancellazione del Glastonbury. Il fatto che un evento di queste dimensioni sia stato cancellato, dice Paul, non ha come conseguenza naturale che anche gli altri eventi più piccoli dovranno necessariamente seguire gli stessi passi. È chiaro che eventi enormi debbano tener conto di una lunga fase organizzativa che necessita anche di molte settimane per l’allestimento degli spazi. Per questo genere di festival il tempo è quasi scaduto ed è nelle cose dover decidere in questo periodo. Cosa totalmente diversa invece è organizzare manifestazioni più contenute molto più flessibili e veloci da assemblare.
Siamo ancora nel regno dell’ignoto a quanto pare ma ci sono governi nazionali che hanno deciso di agire fortemente a sostegno del settore entertainment, infatti Germania, Olanda e Austria, hanno già approntato un piano a garanzia degli operatori che garantirà il rientro dei costi di organizzazione qualora le manifestazioni in corso di allestimento per questa estate, dovessero essere annullate per ragioni pandemiche. Da questo punto di vista l’Inghilterra non si sta mostrato sufficientemente sensibile sul tema anche se una portavoce del governo ha puntualizzato che gli aiuti già stanziati ammontano al lauto importo di 1,5 miliardi di Sterline. La questione è chiaramente messa a cuocere in una pentola già rovente perché è proprio di qualche ora fa la notizia che molti artisti come Sting, Elton John, Ed Sheeran, Liam Gallagher, Radiohead, Bob Geldof, Brian May dei Queen, Robert Plant dei Led Zeppelin, Peter Gabriel e Kim Wilde, abbiano inviato una lettera al governo inglese inerente all’altro problema spinoso conseguente alla Brexit e che riguarda la necessità di richiedere un visto individuale per poter suonare nel resto d’Europa.
Ci sono quindi numerose questioni aperte e sembra anche che la Brexit non sia arrivata nel momento migliore possibile per il mondo della musica.